Vittorio De Sica by Giancarlo Governi

Vittorio De Sica by Giancarlo Governi

autore:Giancarlo Governi [Governi, Giancarlo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 12345
editore: Bompiani
pubblicato: 2016-07-14T16:00:00+00:00


Verso un paese dove “Buongiorno” vuol dire veramente “Buongiorno”

Un anno dopo l’uscita di Sciuscià, Cesare Zavattini mandò a De Sica un libro scritto dal pittore Luigi Bartolini, che si intitolava Ladri di biciclette. “C’è da prendere lo spunto della bicicletta rubata e il titolo” disse Zavattini.

Incominciarono a lavorare al soggetto e alla sceneggiatura, insieme a Sergio Amidei, il quale non andando d’accordo con Zavattini, si ritirò e fu sostituito da Suso Cecchi D’Amico. Raccontava Sergio Leone – il quale, diciottenne, faceva i primi passi nel cinema come segretario di Vittorio De Sica e appare nel film tra i pretini che si riparano dalla pioggia a Porta Portese – che Zavattini e Amidei litigavano in continuazione, per i motivi più futili e a nulla valeva la paziente mediazione di De Sica che aveva a cuore le sorti del film.

“Così dopo lunghe discussioni” racconta Ugo Pirro “un giorno, ad Amidei venne una di quelle ire proverbiali e cacciò tutti di casa. Cosa che gli capitava abbastanza spesso. Però, siccome era un uomo onesto, quando vide il film capì di aver sbagliato nella sua ostinazione, alla fine della proiezione si alzò e disse forte, perché tutti sentissero: ‘sono uno stronzo’.”

Però, Ugo Pirro non riferisce quale fu il motivo che scatenò l’ira di Sergio Amidei, il quale militava con molto zelo nelle file del Partito comunista, per cui – fu lui stesso a raccontarlo a Fofi e Faldini ne L’avventurosa storia del cinema italiano – ruppe proprio per un motivo politico: “Non trovavo giusto in quel momento che un compagno, un comunista, un operaio che vive in una borgata, e al quale rubano la bicicletta, non andasse alla sezione del partito e non gli trovassero un’altra bicicletta.”

Quando la sceneggiatura fu pronta, fu necessario trovare i finanziamenti. De Sica sapeva che su quel film si sarebbe giocato la sua carriera di regista e andò in giro per il mondo, in Italia ma anche in Francia e in Inghilterra. Raccontava la storia, facendo tutte le parti, persino quella del bambino: piangeva, urlava, rideva, accennava persino il commento musicale. Ma non ci fu niente da fare perché nel film non c’era una storia d’amore, non c’era intreccio e nessuno voleva rischiare del danaro sulla vicenda di un operaio alla ricerca di una bicicletta rubata, che gli è indispensabile per il suo lavoro.

La storia piacque a un produttore inglese, Gabriel Pascal, il quale però propose come condizione irrinunciabile che il protagonista fosse Cary Grant. De Sica rimase in un primo momento sorpreso ma poi contropropose Henry Fonda, che gli sembrava più adatto e più vero. Ma Fonda non aveva lo stesso richiamo al botteghino di Cary Grant e non se ne fece niente.

“Gli uomini coraggiosi al punto di finanziare il film” racconta De Sica “li trovai in tre amici: l’avvocato Ercole Graziadei, Sergio Bernardi e il conte Cicogna di Milano. Furono tre soci straordinari. Mi lasciarono fare tutto ciò che volevo e mi dettero tutto il denaro che mi occorreva: trenta milioni.”

A proposito del conte Cicogna che fu



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